Antropologo a domicilio n°87 (12.12.2022)

Nella città in cui vivo, qualche giorno fa i vigili urbani hanno inflitto a un venditore ambulante di caldarroste due multe pari a 15.000 euro.
I vigili urbani fanno il loro dovere. Ineccepibile. Sono encomiabili per questo. Come i carabinieri, i poliziotti, i finanzieri: tutti costoro fanno il proprio dovere.
Ambulanti irregolari, migranti clandestini, persone senza fissa dimora, accattoni, parcheggiatori abusivi: una marea di persone che si muovono nell’illegalità. E l’esercito dei tutori dell’ordine è mobilitato giorno e notte per il controllo, prevenzione e repressione di queste illegalità. Encomiabile. Lo dico senza ironia.
Ovviamente i tutori dell’ordine combattono anche contro la criminalità organizzata, i cartelli multinazionali della droga, la ben nascosta criminalità finanziaria dei colletti bianchi di alto profilo. Con molto minore successo, bisogna dire. E non per responsabilità dei custodi dell’ordine, ma perché è difficile combattere dall’interno delle istituzioni una criminalità che è strettamente intrecciata alle istituzioni stesse.
Che la mafia, la camorra, la ndrangheta siano solo espressioni di sottoculture territoriali, frutto di criminalità di base, di comunità, di famiglie, di povera gente ignorante e barbara è una sciocchezza. Perché nella realtà esse sono incistate dentro le istituzioni e dentro l’economia legale. Non tutte le istituzioni ovviamente, non tutta l’economia legale, non sto dicendo questo. Ma che vi siano ambiti istituzionali ed economici intrecciati con la criminalità organizzata non è più un segreto per nessuno. E non solo in Italia, nel mondo intero. Vi sono persino Stati largamente compromessi in pratiche illegali, dalla droga al riciclaggio del denaro sporco, dal commercio illegale delle armi ad altro ancora. E che la corruzione sormonti la cresta e non solo la cresta di gran parte degli Stati del mondo non è una novità. Vi sono classifiche internazionali del grado di corruzione degli Stati nel mondo.
Non sto sostenendo che non c’è una lotta degli Stati e delle istituzioni internazionali contro la grande criminalità. La lotta c’è. Ma con quali risultati? Anche quando è efficace, con quali risultati?
Un solo esempio. Tratto dalla newsletter dell’8 dicembre “Mondo Capovolto” (Corriere della Sera). Leggo il commento di Michele Farina, della redazione Esteri dell’autorevole giornale, sulla recente sentenza di condanna emessa dalla Repubblica democratica del Congo alla multinazionale svizzera “Glencore” a pagare una multa salata (per noi comuni mortali) per corruzione e tangenti distribuiti in Camerun, Guinea Equatoriale, Costa D’Avorio, Nigeria, Sud Sudan, Brasile e Venezuela: “Che cosa volete che sia una “multa” da 180 milioni di dollari, per un’azienda che soltanto nella prima metà di quest’anno ha totalizzato un mare di profitti record pari a 18.9 miliardi di dollari (più di un terzo dell’intero Pil della Repubblica Democratica del Congo con i suoi 100 e passa milioni di abitanti)”.
E dunque? Cosa voglio dire con questo?

Che purtroppo a me pare che ciò che soprattutto riesce a fare l’esercito dei tutori dell’ordine – per tornare all’inizio della  mia riflessione – è mantenere la marginalità sociale al margine, appunto, della società. Cioè contenere gli esclusi, tenerli fuori da ogni possibilità di sopravvivenza. Intendiamoci: a me un parcheggiatore abusivo invadente e aggressivo dà fastidio. Ma dopo aver reagito alle sue profferte, mi viene da pensare che forse questa persona non ha trovato alternative nella sua vita a fare il parcheggiatore abusivo. Non credo che l’abbia scelto come una vocazione o una conquista. Più probabile uno stato di necessità. Per sopravvivere. E penso così per tutte le altre persone che vivono ai margini della società e che faticosamente cercano di sopravvivere in condizioni in cui io, personalmente io, non riuscirei a fare altro che… seguire il loro esempio. Me parcheggiatore abusivo, me accattone, me senza fissa dimora, me migrante clandestino, me ex-carcerato. Me emarginato dalla società, peggio escluso, senza che qualcuno mi dia la possibilità di riemergere dal degrado e dalla sconfitta esistenziale.
La crisi economica, il Covid, la guerra sono stati meccanismi moltiplicatori della povertà e della emarginazione sociale. E si è formato un esercito di poveri, di esclusi, di emarginati. “Scarti”, denuncia papa Francesco, scarti della società. È contro questo misero e numeroso esercito di esclusi, che combatte, e con buona efficacia, l’esercito dei tutori dell’ordine. Che, ripeto, fa il suo dovere, e lo dico senza ironia.
Ma tant’è. Quasi persa la battaglia contro la grande criminalità, quella organizzata e quella incistata nelle istituzioni, l'esercito dei tutori dell’ordine - al di là della buona fede e della buona volontà - può sollevare la bandiera della vittoria solo nei confronti dell’esercito degli esclusi. 
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