Ho sempre pensato che chi studia, chi si sforza di capire il mondo – e in questo se stessi e gli altri – è un privilegiato. E non credo di pensarlo solo io. Chi studia e fa dello studio la sua professione, la sua stessa vita, sa bene che ciò che dico è vero. Che il piacere della conoscenza che lui prova, l’ebrezza quasi, sono “tesori” che anche altri avrebbero potuto avere, se ne avessero avuto le possibilità, le condizioni, la fortuna. Per questo penso che chi si trova in tale stato abbia il dovere di restituire qualcosa agli altri, alla società che gli ha dato questa possibilità. Studiare, scrivere libri, fare lezioni, per un docente è già restituire. Ma nessuna restituzione è sufficiente perché a un certo punto si decida di fermarsi e pensare solo a sé.