ArchivioAntropologicoApolito n°17 - 28.4.2023
“Nui nun ci jammo mai pe’ divertimento, ci jammo pe’ devozione ‘e chella Vergina bella, santa, è ‘o vero….” (noi non ci andiamo per divertimento, ci andiamo per devozione di quella Vergine bella, santa, è vero).
Siamo a Somma Vesuviana, nel 1979, alla festa per la Madonna di Castello, e zi’ Antonio De Luca in questo suo “canto a figliola” forse vuole indicare ai più giovani presenti qual è il modo giusto di vivere la festa, poiché si è accorto che qualcosa sta cambiando. Lui è testimone di un’epoca in cui le tammorriate erano profondamente devozionali. Canti e balli come preghiere. Sembrerà strano, perché si associa il ballo al divertimento, ma oggi ignoriamo molte cose del mondo contadino di una volta, considerato in blocco primitivo, ignorante, un mondo non progredito, mancante. E invece c’era un gusto estetico oggi inimmaginabile. Cantare, suonare il tamburo, ballare – e farlo bene, farlo con la qualità estetica riconosciuta dalla comunità - era Bellezza. E quale preghiera è migliore di quella in cui si offre Bellezza alla Madonna? E perché mai la Madonna dovrebbe desiderare altro, invece che la Bellezza che i suoi figli le offrono? E poi, appena usciti dalla Settimana santa di Dolore e Passione? Appena entrati nella stagione in cui rifiorisce la vita? Alla Madonna si offre il meglio della comunità, la sua espressione di vita sociale nella sua manifestazione migliore, più bella, più alta, più sentita: la tammorriata. Cui tutti partecipano, che tutti gustano, di cui tutti conservano memoria ancestrale, il meglio. Ecco perché nelle feste della Madonna in Campania, le tammorriate erano già presenti in apertura, al mattino, in un accenno dopo il canto di saluto alla Madonna che apriva la festa, cui poi seguiva la cerimonia ufficiale ecclesiastica. E il pomeriggio, tutto il pomeriggio e la sera e talvolta la notte erano interamente occupati dalle tammorriate. Che erano parte rilevante della giornata devozionale offerta alla Madonna. A volte tollerate a volte impedite dalle autorità ecclesiastiche, che avevano un’altra idea di preghiera, quella tridentina, intima, individuale, quasi solitaria. E la tensione tra le due forme fu sempre viva e accompagnò lo scorrere del tempo. Certo in chiesa la preghiera danzata non era possibile. Almeno ufficialmente. Ma il tamburo era tollerato. È probabile che quando Antonio De Luca era ragazzo, in chiesa il tamburo (la tammorra) risuonava dopo il canto di saluto, come oggi avviene in strada. Perché suonare il tamburo in chiesa equivaleva a cantare un canto liturgico, non era differente. Lo era per i sacerdoti “moderni”, non lo era per i contadini per i quali il tamburo dava il ritmo della preghiera comune: prima il canto devozionale, intonato da un singolo, poi, il tamburo e le voci di tutti, per dire alla Madonna: eccoci, siamo la tua comunità raccolta ai tuoi piedi. E dopo anche i balli. Per devozione alla Madonna.
Ciò che è rimasto fa intuire che doveva essere normale in passato: ancora oggi nei luoghi di pellegrinaggio mariani in Campania, al mattino la devozione diretta alla Madonna, al pomeriggio le tammorriate (e questo in tutto il Sud, con forme diverse dalla tammorriata). Che non sono futilità, non sono divagazione, fanno parte del rituale, ne sono una componente immancabile, perché alla tammorriata bisogna partecipare, altrimenti non si dà completezza alla festa per la Madonna: in questo sta la devozione.
Del resto nei paesi intorno al Mediterraneo, e da millenni, il ballo devozionale non è una realtà aliena. In tutte le religioni, politeiste e monoteiste, c’era la presenza della danza come atto devozionale. Inoltre, i versi cantati nelle tammorriate spesso sono devozionali o comunque fanno riferimento a devozioni: voglio andare a Montevergine (al santuario mariano) canta nel frammento che ho inserito in Facebook un uomo a Scafati, nella festa della Madonna di Bagni. E gli fa eco un’altra voce maschile, che impersona una ragazza che ricorda di esserci stata e che vorrebbe tornarci ancora.
(Certe volte il dialetto quasi maschera la forza poetica delle parole, poiché generalmente esso è associato a stereotipi negativi: vulgus, cafonaggine, ignoranza. Ma come ignorare la “bellezza” di serenate in cui si collegavano nomi di innamorate, fiori e paradiso?)
In Facebook il video dura 2’52’’ In Youtube il video dura 17’25’’, così composto: il video di Facebook, seguito da due brani audio: 1982, Madonna di Bagni di Scafati (SA), durata 4’52. 1987, Madonna delle galline, Pagani (SA), durata 14’54 (in questo c’è Giovanni Coffarelli che canta tra gli altri.