I lunedì dell'antropologo a domicilio

 25.11.2024 
In attesa del prossimo numero della Nuova Newsletter (il 9 dicembre prossimo), questo lunedì due spunti e una riproposta:

1. C’è un detto napoletano, “petrusino ogni menestra”, cioè in ogni minestra si finisce per mettere il prezzemolo

2. Torno alla rubrica della Newsletter mensile:  “Raccontami la tua storia”, per qualche chiarimento.

3. Ripropongo “Oggetti d’affezione” di Cinzia Coppola, pubblicato nella Nuova Newsletter dell’11 novembre scorso.
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Il proverbio napoletano a me è venuto in mente a proposito dei clandestini che secondo il ministro Valditara sono in ultima analisi dietro i femminicidi. Per un leghista, ancorché ministro, i "clandestini" ci sono sempre, in ogni minestra. Non so se Gianantonio Stella, autorevole giornalista del Corriere della Sera, aveva in mente questo detto quando ha riportato i seguenti dati sul suo giornale il 19 novembre scorso, ma a me è venuto:

“Il 92,7% delle donne uccise in Italia è vittima d’un uomo, nella stragrande maggioranza dei casi il marito, il fidanzato, il compagno o ex...”
E poiché tra le donne uccise vi sono anche le straniere, ecco cosa aggiunge Stella, riportando dati di una ricerca di Emanuela Valente in corso di pubblicazione: “Tra il 2013 e il 2022 sono 201 le donne straniere conteggiate come vittime di femminicidio in Italia: di queste, oltre la metà (102) sono state uccise da uomini italiani.

Non è sufficientemente chiaro? Allora leggiamo insieme questi dati di una ricerca Eures pubblicati proprio oggi e riportati ancora dal Corriere della sera:

“Nove femminicidi su dieci avvengono in famiglia, un dato che conferma come la casa sia il luogo più pericoloso. Si registra anche una forte crescita delle figlie uccise, passate da cinque a nove… Il rapporto di Eures racconta che c’è un aumento delle vittime straniere (da 17 a 24) e una forte diminuzione di uomini che uccidono di nazionalità non italiana. Siamo passati da 23 a 16. Il numero degli autori italiani rimane stabile (83). Quindi, mentre il 45,8% dei femminicidi di vittime straniere sono commessi da autori italiani, le vittime di femminicidio italiane uccise da uno straniero sono il 4% dei casi”.

La conclusione la lascio a Gianantonio Stella: “Il resto è frattaglia propagandistica”.
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Vi sono state numerose risposte al mio appello a partecipare alla rubrica “Raccontami la tua storia”. Ne sono felice. Qualcuno poi mi ha chiesto qualche consiglio. Allora: una premessa e cinque suggerimenti metodologici
  
  SUGGERIMENTI DI METODO
1.    Siamo a casa di una persona che ha accettato di raccontare la sua storia. Serve una telecamera, va bene anche quella dello smartphone. Posizionarla verso la persona che parla e “abbandonarla” là. Cioè non badare a essa se non quando insorge un problema tecnico. Lo strumento tecnologico è necessario, ma non deve essere il centro dell’incontro. Che è invece proprio l’”incontro”.
                      2.    Rompere il ghiaccio: essere cordiali, sorridenti. Più che essere una “tecnica metodologica”, dovrebbe venir fuori dal piacere di stare con qualcuno e mettersene all’ascolto. E: mostrandolo questo piacere, questa volontà di ascolto. Il resto viene da sé.
         3.   Chiedere qualcosa di preciso? Sì, all’inizio, domande. Su cosa? La via più comoda è chiedere di cominciare dall’inizio della vita, la famiglia, l’infanzia, poi la maturazione. Un antropologo che raccolga storie di vita ha una griglia mentale e quando s’accorge di salti da un tempo a un altro, magari interviene con domande che possano illuminare ciò che è rimasto al buio. Ma noi seguiamo un’altra strada. A noi deve bastare ciò che viene raccontato (è come se la persona ci dicesse: “è questo ciò che voglio raccontarti, non altro. E’ ciò che mi interessa che tu senta”). Se poi è il nostro stesso interlocutore a sollecitarci ulteriori domande, allora possiamo farle seguendo una griglia di fasi della sua vita fino all’oggi. Oppure cedere alla nostra curiosità verso questo o quest’altro momento della sua vita.
                    4.   Quanto tempo? Non c’è una sola risposta, dipende dalle circostanze: 10 minuti (beh, troppo breve!), un’ora, un giorno intero, di più. Dipende dalla relazione, dalla voglia di parlare, dalla disponibilità ad ascoltare.
         5.   NON INTERROMPERE MAI! Evitare di bloccare e poi far deviare il flusso della parole per soddisfare una propria curiosità su questo o quest’altro. Sarebbe un segnale implicito – magari involontario - che ciò che stiamo ascoltando da lei/da lui non ci interessa molto.  
  

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"...tornai a casa tutta contenta, fu il conforto di quel pomeriggio questa copertina e molto probabilmente di tutti i pomeriggi che seguirono e che trascorrevo sola in questa casetta in una corte in mezzo alla pianura padana..."

Sono nata ad Avellino città nella quale vivo e insegno Lettere nella scuola secondaria di primo grado.  “Prof.” per vocazione e lettrice appassionata cerco di trasmettere lo stesso entusiasmo per la lettura ai ragazzi nella mia azione quotidiana.
Poeta per diletto, attraverso la scrittura trovo il modo di vivere altre vite oltre la mia.

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