Antropologo a domicilio n°36 (9.4.2018)

Sembra dunque, anzi è certo, che cinquanta milioni di account Facebook siano stati “rubati” e utilizzati per influenzare votazioni elettorali sparse per il mondo. Non è ancora chiaro come abbia funzionato il meccanismo e soprattutto che impatto reale abbia avuto sugli esiti elettorali, ma è avvenuto. Sembra dunque che le bolle di fake news su Internet non siano un effetto indiretto e non voluto del mezzo tecnologico, ma una precisa strategia di grandi centrali di controllo della società post-democratica della Rete. Già.
Ma a guardare le cose da un’altra prospettiva, questi meccanismi fraudolenti funzionano perché milioni di persone sono disposte a farsi influenzare da fake news purché queste confermino la propria visione del mondo. Infatti la forza enorme delle notizie false che circolano in Rete è dovuta al fatto che molti sono a caccia di qualunque informazione serva loro a confermare le proprie idee e quelle delle persone con cuiin Rete e fuorihanno costituito comunità.
In altre parole e per dirla con una metafora, queste persone sono vittima di stregonerie informatiche ordite ai loro danni.
Infatti il meccanismo culturale e psicologico che funziona non è lontanissimo per esempio da quello della stregoneria vudu. Almeno di quella di cui i giornali stanno dando notizia in questi giorni, che riguarda ragazze nigeriane vittima di tratta di prostituzione.
Prima di venire in Europa con la promessa di un buon lavoro, a quanto pare molte ragazze sono state sottoposte a un rito vudu, che mantiene il vincolo anche quando esse sono messe sulla strada a prostituirsi, senza che si ribellino e fuggano (ammesso che possano farlo). Queste ragazze vivono un condizionamento di tipo stregonesco che riduce le loro prospettive di liberazione. Qualche giorno fa l’Oba Ewuare II, la massima autorità religiosa del popolo Edo in Nigeria, ha convocato i sacerdoti della religione juju e ha formulato un editto in cui revoca tutti i riti vudu che vincolano le ragazze vittima di tratta, obbligando peraltro i sacerdoti a non praticarne più.
Messa così, sembra proprio una di quelle notizie che conferma l’idea che Noi siamo “superiori”, “civili” e che Loro sono inferiori. Ma le cose non sono così semplici. Non c’è spazio qui per descrivere il valore culturale e sociale complesso (come tutte le credenze culturali) delle credenze vudu, che non hanno solo gli aspetti negativi che noi leggiamo dall’Europa. Ciò che invece qui voglio mettere in luce è che il meccanismo culturale e psicologico che vincola una ragazza vittima di tratta non è lontano da quello che funziona per i milioni di persone che rimangono vittima delle fake news.
Coloro che fruiscono delle fake news sanno due cose grosso modo: 1) che molte persone, contrariamente a loro, ritengono quelle notizie false (come le ragazze della tratta, che rimangono ferme nelle loro credenze quando si tenta di smontarle); 2) che ciononostante loro credono vere tali notizie e con loro le persone della propria comunità di riferimento, virtuale o concreta. In altre parole le vittime delle fake news sanno che non tutti credono che Hillary Clinton abbia adottato un bimbo alieno o che la figlia di Fornero sia andata in pensione a 39 anni, ma loro continuano a crederci poiché la rete di diffusione di tali notizie costituisce per loro una “cultura”. Cioè il mondo per loro acquista un senso (una comprensione, un orientamento, una “familiarità”) proprio perché quelle notizie, per gli altri false, sono vere e fondate, come è confermatoed è fondamentaledalle persone che considerano familiari, amiche, vicine a loro. Cioè la loro comunità. Da cui essi ricevono conferma di ciò che sono, la loro stessa identità.
Proprio come la stregoneria vudu per le ragazze nigeriane che ne rimangono vittima.
Sono consapevole che l’accostamento può sembrare forzato e che in un certo senso lo è. Ma a me serve per sottolineare tre considerazioni.
Che Noi non siamo così diversi da Loro. O meglio quei Loro che noi consideriamo selvaggi, lo sono almeno quanto lo siamo Noi (un antropologo italiano, Francesco Remotti,ha scritto un libro il cui titolo era già eloquente: “Noi primitivi”).
Che è lo scambio, il confronto, il dialogo, l’apertura di prospettiva alle altre idee, oltre che lo studio, la riflessione, l’approfondimento, a creare “liberazione”, cioè emancipazione.
Che proprio per questo il mondo del futuro non può essere immaginato diviso per muri o blocchi (reali o virtuali), ma dovrà essere meticcio, poiché ogni meticciamento è apertura al diverso e dunque è possibilità di uscire dagli schemi di pensiero, dalle idee del mondo chiuse e impermeabili alla trasformazione. È vero: se le ragazze della tratta capissero che sono vittima di un trucco sotto forma di rito, e che questo non ha il potere di produrre rovina o morte, sarebbero “libere”. Ma è altrettanto vero: se i credenti nelle fake news capissero che sono vittima di trucchi per daree poi confermareloro quell’idea spaventata e ostile di mondo che hanno, si libererebbero immediatamente. E sarebbero degni di una democrazia (o post-democrazia) matura.
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