
Antropologo a domicilio n°51 (27.6.2019)
Vogliamo provare a riflettere sui “fondamentali”, come in una scuola di calcio in cui ai ragazzi si insegnano innanzitutto i movimenti fondamentali del calciatore? Vogliamo cioè riconoscere i “fondamentali” di esseri umani nell’epoca del diritti umani universali? Io propongo tre semplici passi:
1) Unità della specie umana. Tutte le scienze concordano nel sostenere che la specie umana è una, che non esistono sottospecie, non esistono razze, non esistono gerarchie di nessun tipo. Le differenze sono tra individui, ma non tra gruppi, popoli, “etnie”.
(D’accordo? riserve? perplessità? distinguo? Se vi sono, che siano fondati su tesi scientifiche riconosciute valide nella comunità scientifica. Altrimenti è fuffa: come quel giornalista che recentemente diceva che una faccia come quella di Zaia, governatore del Veneto, non la troveresti in Calabria. Fuffa da bar)
2) Potrei prenderlo da uno dei numerosi trattati nazionali e internazionali sui diritti umani, questo secondo passo. Lo prendo dalla Costituzione italiana, l’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
(Eh — si dirà — ma qui si parla di cittadini italiani. E gli stranieri? La Corte Costituzionale in una sentenza, la n.104 del 19–26 giugno 1969, ha chiarito che questo articolo va letto insieme al 2° e al 10°, cioè a dire che: “se è vero che l’art. 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattasi di rispettare quei diritti fondamentali», cioè i «diritti inviolabili dell’uomo, garantiti allo straniero anche in conformità dell’ordinamento internazionale».
Siamo d’accordo su questo secondo passo? Allora hanno pari dignità quelli che credono nel Dio del Vangelo e quelli che credono nel Dio del Vecchio testamento o nel Dio del Corano. O che non credono in nessun Dio. Quelli che mangiano carne di manzo, quelli che la mangiano di cane e quelli che non mangiano per niente (poi possiamo discutere sull’opportunità di questo o quel consumo, e discutiamo democraticamente, ma partendo dalla pari dignità riconosciuta a tutti). Pari dignità (e diritti) per le donne che vanno a mare con il seno al vento e quelle che ci vanno vestite fino al collo. Si potrebbe continuare per giorni. Tanti quanti ne servono per segnalare le differenze culturali. Mi fermo qui. Si presenterà l’obiezione: però così si tollera la violenza, per esempio, degli uomini che costringono le donne al burka. Dei padri che costringono i figli a rispettare i doveri rituali e religiosi. Eccetera. Allora: davanti alla costrizione o alla privazione della libertà, vale l’ultimo passo.
3) Tutti sono sottoposti alla legge e allo stesso modo. Diversamente dal sovrano degli antichi regimi, la legge è impersonale e vale per tutti. Per tutti. E la legge tutela e disciplina (o dovrebbe) un principio fondamentale dell’epoca dei diritti universali: la libertà di ciascuno finisce là dove comincia il rispetto della libertà dell’altro. So bene che questo principio a volte è di difficile applicazione. Ma ciò non deve limitarne la portata. Ed esso va tutelato dalla legge (per ragioni di spazio non mi azzardo in una casistica; ma ce ne sarebbe da dire)
Se siamo d’accordo su questi “fondamentali”, che per me oggi non sono solo giuridici ma antropologici, allora procediamo nella nostra vita quotidiana guardando l’”altro” con gli occhi diversi da quelli del “prima gli…”, del “però…”, del “fino a un certo punto…”.
Se siamo d’accordo non si scappa: un essere umano che lotta per ottenere una vita migliore, merita lo stesso rispetto e la stessa dignità, che sia del mio paese o venga da un altro. Punto.
È questo il cuore del vero problema davanti alle foto dei migranti trattati come polli in batteria. Lo dico a coloro del “sì, però…”: qualunque sia la soluzione che i politici vogliano adottare alla problematica delle migrazioni, e qualunque sia il nostro convincimento in proposito, i migranti vanno trattati allo stesso modo in cui verrebbero trattati in condizioni analoghe i cittadini del paese in cui cercano di entrare. Voglio essere ancora più preciso: prima ancora di mettersi a discutere se sia opportuna l’accoglienza o meno dei migranti, occorre tutelare il rispetto della dignità dei “corpi” migranti e delle loro vite. Questo è.
Ho scritto “dentro” ai denti finora. Adesso, fuori dai denti.
La Corte Europea dei diritti umani ha emesso un provvedimento negativo contro il ricorso presentatole dai migranti imbarcati sulla Sea Watch. Io non sono un giurista, mi affido a coloro che lo sono tra i miei lettori (non faccio nomi per rispetto della privacy). A me viene da chiedere: e se si fosse trattato di cittadini francesi, tedeschi o olandesi?
Inoltre, curiosamente la Corte dichiara di respingere il ricorso perchè, dopo che sono sbarcati il 15 giugno i bambini e le donne incinte, nel suo ricorso la Sea Watch “non ha dichiarato che altri individui appartenenti a categorie vulnerabili fossero presenti sulla nave.” Accidenti, che distratti questi della Sea Watch! Già, proprio così: perchè poco più avanti nella stessa sentenza, la Corte dichiara di fare affidamento sulle autorità italiane perché continuino a “fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone a bordo di Sea-Watch 3 che si trovano in una situazione vulnerabile a causa della loro età o stato di salute”. Ma allora ci sono soggetti vulnerabili sulla Sea Watch? è che questi della Sea Watch si sono dimenticati di metterlo nella loro denuncia? Ma guarda che sbadati!
Però, perdonatemi signori magistrati della Corte, se a bordo vi fossero stati cittadini francesi, tedeschi o danesi, la “vulnerabilità” indicata o non indicata avrebbe avuto la stessa dimensione leguleia, o avrebbe riguardato come giusto sarebbe, la dignità di esseri umani, a prescindere dalla lettera della denuncia e indipendentemente da dove provenissero? Cioè: se per esempio io cittadino europeo, o voi, signori magistrati cittadini europei, o un vostro nipote di 11 anni, o insieme, voi, io e qualche vostro nipote ci trovassimo ostaggi di un contrasto tra un capitano di una nave e un ministro di uno Stato (politico? di potere? mediatico? ma quello che volete voi, signori magistrati, non è questo il punto), voi, signori magistrati, di quale tipo di vulnerabilità parlereste in mio e in vostro proposito (e in proposito di vostro nipote di 11 anni), di quella di malattie, età ecc. o di quella di esseri umani in trappola in una batteria da pollaio? e allora vi ricordereste di tutti gli altri trattati internazionali, compresi quelli per l’infanzia, e anche dei proclami — ma li ricordate ancora signori magistrati ?— della Rivoluzione francese e di quella americana e di tutte le (censura) dichiarazioni di diritti universali?
Quanta polvere è caduta su questa vecchia Europa!