Antropologo a domicilio n°81 (23.3.2022)

Qual è il numero di morti sopportabile? Alla fine della seconda guerra mondiale il Giappone non si arrendeva, allora gli americani buttarono giù due bombe atomiche, ci furono oltre duecentomila morti e il Giappone si arrese. Aveva superato il numero di morti sopportabile. Qual è ora in Ucraina il numero di morti sopportabile?
Sono disfattista se faccio questa domanda? Sono intellettuale da salotto? Sono radical chic? Chiamatemi come volete, ma io rivendico la libertà di porre questa domanda: qual è il numero dei morti sopportabile? E se volete parlare con me rispondete prima a questa domanda.
Posso capire quando hai il nemico in casa, quando ti bombardano e fanno strage dei tuoi parenti, dei tuoi vicini, del tuoi amici. Perché allora l’unico pensiero che hai è di difenderti, di combattere, persino di vendicarti. Ma quando non corri rischi immediati di essere attaccato, quando la tua vita non è in pericolo, non ti si presentano domande? Hai solo certezze? Niente dubbi?
Vengo al sodo: ci sono centinaia di bambini che muoiono, migliaia che rimangono feriti, milioni che vengono travolti nelle loro piccole esistenze. Vittime innocenti di questa e di tutte le guerre (e dietro di loro le mamme, le spose, le sorelle, cioè le donne).
La bambina armata di Kiev sta lottando per il suo futuro di libertà? Ammettiamo che arrivi a un qualsiasi futuro e non muoia prima, siamo davvero sicuri che lei abbia realmente scelto tra “libertà” o morte? Che non sia stata travolta da quell’”orgoglio degli adulti” di cui ha parlato papa Francesco?
Pensate che con queste domande sotto sotto auspichi la resa dell’Ucraina? la sua rinuncia alla libertà? la sua rassegnazione a una vita asservita? No certo, non mi permetto di dire agli ucraini cosa devono fare, io vivo in Italia, ma proprio per questo sento necessaria la domanda: quante vite di bambini saranno sacrificabili ancora? Decideranno loro, ok, ma noi, da qui non possiamo porci domande?
Questa guerra si combatte in nome di imperialismi, politiche di potenza, nazionalismi, minoranze oppresse o al contrario prepotenti. Ed è tutta una paccottiglia del passato, che continua a gravitare nella “memoria” di governi e popoli. Ma siamo sicuri che l’eredità più importante da consegnare ai bambini sia la “memoria” del passato e la “storia” che ci ha condotti sulla soglia di una guerra nucleare? Che ne dite se cominciassimo a riflettere sulla prepotenza del passato sul presente e sulla nostra attuale e unica vita? La storia ci ha consegnato nazioni e confini, ma sicuro che questi siano più importanti della stessa conservazione dell’umanità? Se davvero scoppiasse una guerra atomica, mentre moriamo saremmo più soddisfatti di sapere che la causa è stata giusta? Insomma, quanto saremmo disposti a pagare in vite umane per conservare il retaggio del passato che si esprime in bandiere, nazioni, confini?
Pensiamoci qui da noi per favore, visto che là in Ucraina è difficile pensare a queste cose, ne va della vita stessa delle persone in guerra. Ma io dico: qui, qui da noi, senza cedere in niente nella condanna dell’invasione di Putin, qui, assistendo impotenti al massacro di bambini (e non solo) e ahimè, preparandoci ancora ad assistere a nuovi massacri, queste domande non hanno diritto di essere poste sul tappeto delle nostre riflessioni?
Putin andrà avanti, ne va del suo stesso potere, se cede sarà travolto, e l’Ucraina non cederà, ne va della sua dignità e libertà, e dunque: quante vite umane dovranno ancora essere sacrificate prima che cessi la guerra?
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