Antropologo a domicilio n°45 (21.12.2018)

Di che cosa è simbolo oggi il Presepe? Di se stesso. Cioè di niente. Il simbolo è una “cosa” che sta al posto di un’altra “cosa”. Questa è la sua definizione base, su cui poi i linguisti costruiscono teorie articolate e complesse, ma di base il simbolo è questo: una cosa (una parola, per esempio) che si riferisce a un’altra cosa (un “leone”, per esempio). Io sostengo che il Presepe ha perso il valore simbolico originario e oggi si riferisce a niente, cioè è fermo su se stesso come un banale oggetto (di consumo). Ma come? Il Presepe non è quel simbolo tanto caro a san Francesco che si riferisce alla nascita di Gesù?
La leggenda fiorita intorno al Presepe racconta di una donna sul punto di partorire e del marito che cercano un posto dove stare. C’è una poesia di Guido Gozzano che segue passo passo la vicenda leggendaria e che comincia così: “Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! / Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. / Presso quell’osteria potremo riposare, / ché troppo stanco sono e troppo stanca sei”. Ma a quell’osteria non c’è posto e non c’è posto da nessuna parte in paese, e alla fine: “Ecco una stalla! / Avrà posto per due? /Che freddo!Siamo a sostaMa quanta neve, quanta! / Un po ci scalderanno quellasino e quel bue…”. A me la fecero imparare alla scuola elementare e ricordo che da allora si sedimentò in me l’idea di inospitalità che circondava la nascita di Gesù. Inospitalità. La Famiglia scacciata, esclusa, mandata via. Il Presepe mi invitata con la sua narrazione in figura di pastori, ad accogliere, a non escludere, a non scacciare. Che poi è il senso stesso del Vangelo. Dunque il Presepe era un simbolo coerente di un discorso ben più ampio.
Ma se oggi il Presepe può essere impugnato come bandiera identitaria proprio da chi auspica l’esclusione dell’Altro, o, peggio ancora, da chi da posizioni di potere decide di chiudere, scacciare, non accogliere, escludere, allora vuol dire che il Presepe è cambiato, è diventato un simbolo inerte. Appunto di se stesso. Si fa il Presepe per il Presepe stesso, non per significare qualcosa. E’ diventato un simbolo che parla presuntuosamente di sé stesso. E allora così ridotto è un oggetto inutile.
Diceva Ermesto De Martino che il simbolo religioso vivo è quello che “apre al valore”, cioè che è in grado di trascendere dalla piattezza dell’esistente verso un orizzonte di valori più alto. E allora, è “apertura al valore” un Presepe richiamato come una bandiera di identità che esclude? e poi non si capisce identità di cosa, visto che viene negato proprio ciò che il Presepe (e il Vangelo cui rimanda) sembrerebbe affermare, cioè l’accoglienza dell’estraneo. E che poi nella forma di san Francesco si allarga all’accoglienza dell’intero universo, ovviamente però a cominciare da quello umano.
Un’analoga riflessione potrebbe essere fatta intorno al Crocifisso, anch’esso simbolo oggi contraddetto proprio da coloro che lo richiamano come bandiera di identità, poiché nega esattamente quel valore universale che la redenzione cristiana (e cattolica, cioè universale) richiama: la pari dignità di tutti gli esseri umani.
Diciamolo fino in fondo. Se c’è qualcosa di valido, importante e tuttora attuale nella religione cristiana è il Vangelo. Qualunque simbolo cristiano che neghi il Vangelo dunque, nega la sua anima vera e profonda. Diventa inerte. O peggio distruttivo. Anticristiano. Per dirla più chiaramente: il cristianesimo o è il Vangelo o non è niente. Anzi è Potere, è storia cruenta, è negazione di Cristo.
Che oggi la parola evangelica sia così scaduta, assente, marginale, inascoltata o peggio manipolata e fatta macabra caricatura, chiama in causa il modo stesso in cui la Chiesa ha spesso emarginato il fuoco vivo del Vangelo. E forse oggi che cerca di porre rimedio a questa emarginazione (vedi la parola di papa Francesco, vedi alcune prese di posizione coraggiose di esponenti ecclesiastici) è troppo tardi. Forse. Perché il “popolo cristiano” s’è chiuso nel suo egoismo.
(Ho fatto il Presepe a casa mia. E’ venuta fuori una città recintata da muri altilEuropae soldati di guardia che non fanno entrare gli stranieri. E poi, un campo di concentramento degli esclusi. Infine una grotta in cui nasce il Bambino, ma senza i Pastori che vengano a salutarlo. Un Presepe vuoto di umanità).
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