
Antropologo a domicilio n°63 (12.7.2020)
Il “punto cieco” dell’occhio è un angolo della retina che non risponde alla luce, non è sensibile. Non vede. Il cervello copre questo deficit di visione fornendo l’impressione di vedere l’ambiente circostante. Ma in realtà il punto cieco non vede niente.
Noi abbiamo un punto cieco nella nostra vita quotidiana che ci impedisce di vedere. Non è sensibile alla realtà. La rende invisibile. Questo punto cieco è la schiavitù che porta il cibo sulle nostre tavole. Migliaia di schiavi raccolgono nelle serre e nelle campagne ciò che noi mangiamo a tavola tutti i giorni e noi non li vediamo. Sono schiavi e ignoriamo la loro schiavitù. Un euro, due, massimo tre euro per ora, in giornate sfiancanti sotto al sole o alla pioggia. Senza diritti. Senza prospettive. Senza futuro. Senza libertà. Senza famiglia. Senza quella dignità minima che dovrebbe essere assicurata a tutti gli esseri umani. La stessa che nelle nostre case spesso viene estesa ai cani, ai gatti, e che a loro è negata. Esseri umani come noi. Schiavi.
La pubblicità sui prodotti alimentari fa il gioco del “cervello” che inganna, e sostituisce la realtà invisibile della schiavitù con altre immagini: la “natura”, il bel paese, la famiglia. Inganni: il pasto quotidiano arriva alle nostre tavole per opera degli schiavi, non grazie alla “natura”.
Il punto cieco nasconde la schiavitù probabilmente perché vederla in faccia sarebbe insopportabile. E perché possiamo fare ben poco per cambiarla.
Anzi niente.
Ma almeno, vi prego, non cediamo neppure di un passo alla propaganda — giornali, tv, social — che dipinge gli schiavi come negativi per noi e la nostra sicurezza, che ha l’obiettivo di svilirli come esseri umani, degradarli, abbassarli, spogliarli della loro dignità in modo che possano rimanere agevolmente nel loro status di schiavitù. E non facciamo vi prego nessuna eccezione. Nessun se e nessun ma. Dopo possiamo discutere di questo e di quello, ma prima riconosciamo che sono i nostri schiavi e che non sappiamo come fare per liberarli.
E poi ancora, vi prego, evitiamo di approvare quelli che — indubbiamente meglio ispirati — invitano a non espellere o peggio buttare a mare gli schiavi, come predica la propaganda maggioritaria, ma che lo fanno partendo dalla considerazione che queste persone — gli schiavi — sono a noi necessarie. Che senza di loro il sistema economico soffrirebbe. Che essi pagano le nostre pensioni. Che coprono i nostri buchi demografici. Insomma che sono utili. Che cioè il sistema schiavistico rende le nostre vite padronali migliori.
Grazie a costoro, pur bene intenzionati, il punto cieco è coperto da immagini di pura convenienza, che mostrano l’utilità degli schiavi. Quel punto cieco che ci impedisce di vedere che in mezzo a noi ci sono gli schiavi. E che grazie a loro mangiamo. E che non sappiamo come fare per liberarli.