Antropologo a domicilio n°16 (10.4.2017)
Lise non ha potuto frequentare tutte le ore delle prime due settimane di lezioni di antropologia culturale all’università di Roma 3, perché “col mio figlio di 8 mesi stiamo facendo l’inserimento progressivo al nido. Fra 1–2 settimane avremo fatto”. Lise ha preso il diploma di maturità in Camerun. Poi ha usufruito di un programma di cooperazione tra Italia e Camerun ed è venuta a continuare gli studi in Italia. Ha già una laurea di primo livello e si appresta a prendere la laurea magistrale. Nel frattempo ha avuto un figlio, e dopo otto mesi in cui ha sospeso quasi del tutto la frequenza delle lezioni, ha deciso di portare suo figlio al nido e riprendere a frequentare l‘università. In Africa avrebbe avuto i parenti ad assisterla, qui è un altro mondo, qui c’è il nido. E lei porta il figlio al nido. A Lise piace questo uso del nido per i bambini, e piace che nelle prime settimane i genitori vengano coinvolti per un inserimento progressivo del bambino. In Africa altro uso, ma quest’attenzione italiana all’inserimento progressivo per lei è una buona cosa. Se tornerà in Africa e avrà altri figli, forse li crescerà all’uso africano, ma qui cresce suo figlio all’uso italiano. Lise è duttile, nella sua testa i confini culturali non esistono, esistono le vite.

Sükriye è venuta dalla Germania a studiare in Italia. La famiglia di Sükriye, che in lingua turca significa “grazie”, viene dalla Turchia. Quando Sükriye va a trovare i parenti, parla un turco con accento tedesco e per questo la chiamano la “tedesca”. Quando poi è in Germania lei è una “turca”, perché porta il velo. Ma nessun problema, da una parte e dall’altra. A Sükriye piace l’Italia. Tranne a Natale. Ma non perché è islamica, al contrario. Lei ama il Natale come festa di comunità. E in Germania il Natale è più “caldo” di quello che ha trovato in Italia. A Zoe in Germania invece mancava la pasta italiana. Nella famiglia tedesca dove era ospitata si preparava una pasta scotta e aggrumata che la spinse a “convertire” i suoi ospiti alla vera pasta italiana. Dopo averla assaggiata però, quelli continuarono a preferire la versione tedesca. Dopo un po’ di negoziazioni di gusto, insieme decisero un’alternanza tra pasta italiana alla tedesca e pasta italiana all’italiana. Irina è una studentessa russa che ama l’arte e la sua storia. Non c’era paese al mondo che meglio dell’Italia le poteva consentire di coltivare questo amore. Ora è a Roma ed è entusiasta dell’Italia, dell’arte, della cultura, della cucina. Quando è stata la Pasqua ortodossa, Irina ha preparato per il suo compagno italiano un panettone della tradizione russa come da bambina lo aveva visto preparare dalla nonna. Compresi i dodici Padre nostro mentre si prepara l’impasto. Ahmad è uno studente iraniano che scrive poesie. Le scrive in persiano, poi le traduce in inglese e in italiano. Perché non sa ancora bene dove si fermerà a vivere. Forse in Iran, se le cose là cambiano e pure in fretta, o in un paese europeo. Magari l’Italia, dove ora si trova. Però è difficile in Italia far circolare le sue poesie persiane. Allora pensa di trasferire le parole in linguaggio visuale, e studia al DAMS per apprendere i ferri del mestiere. Martina era stata ospite di una famiglia indiana, nel mese passato in Inghilterra per perfezionare il suo inglese. Per un po’ di tempo si era adeguata alle usanze indiane, che a Liverpool sono adattamenti europei di originali lontani. In una piazza di Pechino un gruppo di studentesse italiane prova l’ebbrezza del pasto a base di cavallette fritte. È la prima volta, fanno uno sforzo enorme per saltare il fosso, alla fine ce la fanno, ora mangiano cinese. Tra loro c’è una ragazza lucana, ha il cognome di un famoso brigante lucano dei primi anni dell’unità di Italia, abile stratega che tenne in scacco per mesi l’esercito piemontese inutilmente sguinzagliato per i monti nel tentativo di catturarlo. Forse è una sua discendente. A Pechino, in un mondo inimmaginabile dal suo probabile antenato, insieme ai suoi colleghi ha mangiato cavallette fritte.

La storia si muove per fortuna. Sotto traccia si muove. Fa balzi in avanti, si sposta di lato. Però è imprevedibile, a volte sembra tornare indietro. Ma il motore odierno è troppo potente, io credo, perché possa tornare indietro. Almeno definitivamente indietro. La storia si è iper-globalizzata. Nel male, come leggiamo nelle cronache quotidiane dei media. Ma anche nel bene, come lentamente avvertiamo, se siamo attenti, soprattutto nei vissuti delle nuove generazioni. Viaggiano, conoscono, scavalcano confini, abbattono barriere. Con leggerezza, senza far tante storie. Giusto un po’ di imbarazzo, prima di addentare le cavallette fritte, fino al giorno prima considerato indigeste, o di rassegnarsi al Natale italiano vissuto da islamica che ricorda quello più caldo tedesco, o di adattarsi alla pasta italiana alla tedesca, o di usare video invece che parole, per presentare poesie persiane agli italiani e così via. Adattamenti, creatività, imitazioni, aperture e disponibilità a mescolamenti. Meticciamenti. Cioè, la storia dell’umanità.
Ma la storia non è fatta solo dalla vita degli esseri umani, si dirà. È fatta di forze, di grandi forze economiche, militari, di poteri che schiacciano gli esseri umani. Sopra traccia. Sì, è vero. Ed è persino vero che queste forze potrebbero spingere il mondo alla catastrofe finale.
Però nel mondo in un solo anno — dati 2013 — si è spostato quasi un miliardo e duecento milioni di persone per turismo internazionale. Andare a vedere gli altri a casa loro, per quanto spesso in un turismo veloce e distratto, è molto più che sentirne parlare. E poi c’è il turismo espressamente culturale, di chi vuole vivere l’esperienza della conoscenza della vita di altri popoli, che è in enorme crescita. Infine, l’élite dei viaggiatori per ragioni di studio. Solo considerando il programma europeo Erasmus, in trent’anni oltre tre milioni e mezzo di giovani universitari si sono spostati tra le università europee e non solo. Senza contare i milioni di studenti medi. Questi dati non sono irrilevanti sulla bilancia che pencola tra richiamo alla barbarie della guerra e richiesta di pace. Quanto più si moltiplicheranno le Lise, le Sükriye, le Irina, le Martina, gli Ahmed e così via, tanto più sarà difficile che abbiano successo gli strateghi delle guerre e delle divisioni. Ne sono convinto.
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