
Se io dico che spaghetto alla colatura di alici di Cetara (o… il piatto che volete) è il miglior piatto del mondo sbaglio due volte.
1° Perché non mi rendo conto che è un’affermazione fatta dall’interno del mio gusto, del nostro gusto culturale. E che altri potrebbero fare la stessa affermazione per un proprio piatto, considerato da loro il migliore del mondo. Nessuno ha un metro di giudizio oggettivo. Per averne uno bisognerebbe assaggiare un piatto dall’esterno di ogni gusto culturale, essere cioè giudice imparziale, ma è impossibile: ciascuno ha il suo proprio metro di giudizio, che è culturalmente soggettivo (più o meno: ogni cultura ha il suo gusto). Solo Dio avrebbe un metro di giudizio oggettivo, staccato da ogni parziale gusto soggettivo. Ma si occupa di altro.
2° Perché ignorerei che nello spaghetto alla colatura di alici di Cetara vi sono elementi che non appartengono alla mia/nostra storia, me che abbiamo acquisito prendendolo da altri nel corso della storia comune, fatta di intrecci culturali (basterebbe – per lo spaghetto alla colatura – pensare all’altra sponda del Mediterraneo!).
Ma ammettiamo che un teorico spaghetto alla colatura di alici di Cetara si imponesse come piatto principale sulle tavole di tutto il mondo: sarebbe perché è il miglior piatto del mondo? No, sarebbe perché noi l’avremmo imposto sulla base della nostra potenza economica, militare, mediatica, simbolica e via dicendo. Cioè sarebbe frutto non di un confronto “oggettivo” dei gusti differenti, che è impossibile, ma della potenza di chi l’avrebbe imposto. Una potenza che arriverebbe a distruggere gli altri piatti, o a renderli meno seducenti (il potere seduce molto spesso proprio coloro che non ce l’hanno e si illudono di partecipare ad esso: basti riflettere sul fatto che milioni di poveracci votano politici straricchi) o altro ancora che qui risparmio per non parlare troppo di spaghetti.
Ecco, questo mi sento di dire in risposta a certe recenti proclamazioni – da “destra” (vedi Valditara) e da “sinistra” (vedi Vecchioni) – di superiorità della nostra cultura.
Vorrei però ricordare ai neofiti della superiorità occidentale in salsa di “sinistra” – che dovrebbero avere orecchie per intendere – che questo discorso della superiorità della nostra cultura, almeno da Colombo in poi ha funzionato per legittimare le politiche imperialiste che hanno distrutto altri mondi culturali, hanno conquistato terre e popoli, li hanno colonizzati, dominati e poi lasciati nella dipendenza economica, politica e simbolica dei giorni nostri. Molti anni fa organizzai una lezione teatrale su questi temi per i miei studenti universitari. Forse è il caso che la riprenda e la porti in giro anche fuori dalle università di questi tempi così miopi.
(L’ho buttata in “spaghetto” perché queste proclamazioni di superiorità culturale oggi sono un po’ comiche, se non fossero tragiche. Ma per una riflessione meno “culinaria” e più diffusamente argomentata, invito a leggere il documento elaborato da tre antropologi italiani, Marco Aime, Stefano Allovio, Adriano Favole, qui nel link seguente
https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2025/03/19/la-storia-siamo-noi-il-ministro-e-la-centralita-culturale-delloccidente/