
Davanti alle immagini dei migranti incatenati in Usa, che hanno fatto il giro del mondo (e nel giorno della memoria della Shoah), ci toccano nuovi compiti. Possiamo anche indignarci per quelle immagini, se lo sentiamo, possiamo anche denunciare che si stanno raggiungendo limiti di disumanizzazione che solo pochi anni fa pensavamo inavvicinabili, almeno dalle “nostre” parti. Ma dobbiamo anche capire che questo non basta più.
L’America è spaccata, noi stessi in Italia e in Europa siamo spaccati. Metà America (e Europa e Italia) si indigna per ciò che vede e l’altra metà applaude. Questo è. Non circolerebbero così spavaldamente queste immagini se Trump in questo caso, ma altri ne seguiranno, non avesse volontariamente fatto costruire messe in scena di migranti incatenati. Da una parte per spaventare o deprimere i suoi oppositori, dall’altra soprattutto per rispondere alle aspettative di coloro che lo hanno votato proprio perché facesse ciò.
È per questo che non basta più l’indignazione. Occorre poi chiedersi com’è stato possibile che mezza America (un po’ di più di 50%), mezza Europa e mezza Italia applaudano. Occorre poi capire quali macroscopici errori abbiano fatto i partiti e i movimenti che avrebbero dovuto evitare questo gigantesco flusso di orientamento politico verso tali forme di oscuramento dei diritti umani.
E poiché temo che i partiti che avrebbero dovuto fare qualcosa e non l’hanno fatto si muoveranno con la lentezza degli elefanti ammalati, io penso che dobbiamo noi stessi – ciascuno di noi nel suo spazio di socialità – aprire riflessioni con persone che non si sono indignate, anzi hanno applaudito. Dobbiamo tornare a discutere, confrontarci, capirci persino.
È difficile, lo so, è complicato anche perché scarseggiano gli spazi di incontro sociale disponibili a confronti del genere. Ma dobbiamo farlo. Altrimenti ci aspetta il baratro della guerra civile. Magari non con le armi, ma con l’odio sociale.