Antropologo a domicilio n°82 (15.4.2022)


Cento anni fa, riflettendo sulla prima guerra mondiale, Robert Musil denunciava l’errore di “aver lasciato la più completa libertà d’azione agli «specialisti» della macchina statale”.
Cento anni dopo siamo allo stesso punto.
Come fidarsi di coloro che hanno portato il mondo sull’orlo di una crisi che rischia di essere quella finale dell’umanità? Politici, diplomatici, apparati tecnocratici che governano il mondo: tra di loro sono quelli che nei mesi e negli anni precedenti lo hanno spinto verso il disastro. Sono stati incapaci di prevedere e prevenire la terribile crisi che stiamo vivendo, come potrebbero ora invertire la china del disastro?
Se pure la guerra in Ucraina dovesse fermarsi domani – e sappiamo tutti che non succederà, anzi che il rischio che si espanda e deflagri persino in una guerra atomica cresce ogni giorno – il mondo avrebbe fatto comunque giganteschi passi indietro.
Nazionalismi, odi, razzismi, rottura di relazioni amichevoli, interdetti culturali saranno il nostro futuro prossimo.
E crisi economiche, impoverimento globale, aumento della precarietà esistenziale, danni ecologici moltiplicati.
E carestie e affamamenti di milioni di persone – per esempio in Nordafrica – con conseguenti rivolte, repressioni, spargimenti di sangue, fughe migratorie.
E crisi delle democrazie laddove ancora resistono.
È un quadro fosco, lo so, davvero molto fosco. Non realistico? Inutilmente pessimista? Vorrei fosse così. Vorrei sbagliarmi. Ma se sento parlare Putin da una parte e Biden e i vertici europei dall’altra temo di avere purtroppo ragione.
Putin è un malvagio, d’accordo. Il suo nome sarà inserito nella macabra galleria degli aguzzini dell’umanità. Ma se in un condominio c’è un delinquente, è saggio che i vicini facciano a gara a dipendere da lui, che so, per la spesa (leggi petrolio e gas)? Ed è poi prudente che dopo essersi resi dipendenti da lui, non facciano nulla per evitare che lui si senta minacciato (a torto o a ragione)? Si dirà: ma così i condomini devono limitare la propria libertà! Ed io rispondo: sì, proprio così. È il prezzo da pagare se vogliono vivere in pace ed evitare guai peggiori. Si chiama compromesso. Non il condominio ideale, che non esiste, ma quello reale, che necessita di compromesso.
Ma ormai la frittata è fatta, il delinquente ha aggredito, si dirà, bisogna pur difendersi. Certo, però i condomini devono sapere che ora è in ballo un rischio che lui faccia sfracelli, e che se si vede personalmente minacciato arrivi a distruggere l’intero palazzo con tutti i suoi abitanti.
Ora mi chiedo: ma è saggio che una volta cominciato il conflitto, invece di trovare il modo per tornare a un compromesso di convivenza, gli inquilini confederati mirino… a cosa?  a far fuori il delinquente con tutti i rischi del caso? È saggio che nessuno dica “cerchiamo un compromesso” e tutti invece dicano “il delinquente deve essere sconfitto”?
Per uscire dalla metafora, a parte papa Francesco, nessuno dei leader politici e religiosi parla più di pace. Tutti parlano di vincere la guerra. Vincere la guerra, ma davvero? Accendo la Tv , sento gli opinionisti fissi dei talk (che ormai mi sembrano maschere carnevalesche) e questo sento: vincere la guerra (Biden, Dipartimento di Stato americano, von der Leyen, Borrell, altri). È il nuovo mantra. E i maggiori quotidiani fanno loro eco: vincere la guerra! Questi orribili signori che governano i nostri destini sembrano bambini che giocano ai soldatini. Fingono di ignorare che vincere la guerra è oggi impossibile per gli uni e per gli altri. Che non c’è alternativa alla pace. Costoro sembrano solo interessati a far bollire il sangue bellicista tra le popolazioni europee.
E infatti questo sale. Anche nei rapporti quotidiani. E sui social. Non è più soltanto la corte degli “odiatori seriali”, identificabili e persino isolabili, ma tutta una significativa maggioranza di quelli che usano i social, ha alzato il livello dell’aggressività, preferisce l’invettiva, la demonizzazione di chi la pensa in modo diverso.
Temo davvero che stiamo per entrare in una fase storica in cui l’umanità si incarterà su se stessa.

Salviamoci per favore, salviamoci. Ritroviamo una misura dell’umano. Una nuova misura, semmai. Una misura da “day after”, anche se per fortuna non ci siamo (ancora).
E cominciamo là dove possiamo, non certo nelle cancellerie diplomatiche, non nelle stanze dei poteri contrapposti, che hanno fallito i loro compiti, ma da noi. Da noi stessi. Non abbiamo molte alternative. Cominciamo da noi stessi. Facciamoci consapevoli che se continuiamo a dividerci come tifoserie, se continuiamo ad aggredirci verbalmente, se continuiamo a dipingere come nemico chi non la pensa come noi, stiamo facendoci eco di chi ammazza, stupra, distrugge, di chi urla “morte al nemico!”. Stiamo dando un contributo allo sfascio finale.
Contro le nuove parole d’ordine: vittoria! (e dunque morte al nemico!), portiamo avanti altre parole d’ordine. A cominciare da una fondamentale: mitezza. Ripeto: mitezza. Essere miti significa aprirsi al dialogo, alla generosità, persino al compromesso. Tutti i giorni.
Capisco che possono sembrare fantasie fuori del mondo, persino sforzi inutili davanti al rischio di catastrofe nucleare.
Ma voi vedete alternative? Io no. E penso che in questo momento c’è bisogno di utopie minime, di microscala, anche individuale, che si trasformino in etiche personali. Non risolveranno la catastrofe incombente, ma quanto meno non ci schiereranno dalla parte di chi la sta favorendo.
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