ArchivioAntropologicoApolito n°12 - 19.3.2023

Chi oggi ascolta voci di venditori per strada o al mercato è fortunato quanto un archeologo che trova sepolto nella terra o sommerso nel mare un bronzo antico. Con la differenza che le voci dei venditori sono sì archeologia, ma sono anche contemporaneità, poiché in certi mercati è ancora possibile ascoltarle. 
Il documento che ho inserito è composto da 5 brani: 1) voce di venditore di aglio e cipolla (anonimo, a Pagani (SA)); 2) voce di venditore armonizzata da una fisarmonica (anonimo, a Pagani (SA)); 3) voce di venditore su un palco di un concerto (Giovanni Coffarelli, 1984); 4) voci di venditori su palco di un concerto (Giovanni Coffarelli (Somma Vesuviana) e Giuseppina Zampardina (Napoli), 1975) 5) frammento “musicale” di una normale conversazione quotidiana (Italia Carioni, Trentinara (SA)). Questo piccolo itinerario, che in Facebook dura poco più di 3 minuti, ci segnala alcune cose interessanti. 
Per esempio che queste voci richiamano un mondo passato in cui parlare era anche cantare. Questa fu un’intuizione del mondo contadino e popolare, che i linguisti moderni hanno poi sistematizzato in teorie scientifiche: la voce umana è un suono, cioè è sempre musicale. Noi dimentichiamo che le parole dette (e non lette), sono letteralmente musica per le orecchie: ne siamo poco consapevoli, poiché fin dall’infanzia siamo immersi nella cultura scritta. Ma, appunto, i linguisti ci dicono che la musica delle parole pronunciate influenza, anche se inconsapevolmente, la comunicazione quanto e a volte più del significato stesso delle parole. In quel mondo popolare la forza musicale delle parole era ovvia e usata consapevolmente. Per cui parlare era sempre un po’ cantare. E viceversa, cantare era sempre parlare: di amore, odio, amicizia, inimicizia, sdegno, ingiuria, dolore, gioia, di tutto. E non era solo per gusto: cantare i sentimenti e le emozioni permetteva anche di controllarli ritualmente (l’esempio più lampante era il lamento funebre, un modo per controllare e superare il cordoglio). Dunque nella vita familiare, in piazza, in chiesa, sul posto di lavoro, dovunque, si cantava, più che semplicemente parlare (e, nel caso dei frammenti di questo 12° post dell’Archivio online, per vendere la merce era assolutamente necessario cantare, non limitarsi a parlare). 
In tempi recenti le voci dei venditori sono passati dal mercato e dalle strade al palco dei concerti di musica popolare: le voci di Giovanni Coffarelli e Giuseppina Zampardina sono state registrate (frammento 3) durante i concerti tenuti uno a Boston nel 1984 e (frammento 4) un altro a Washington nel 1975. 
Se vogliamo capire il valore di questi frammenti dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione. Queste voci cantate che oggi sono materiali di archivio, una volta erano centrali e collegate tra loro in tutta la vita sociale delle comunità contadine e popolari. Se usiamo l’immaginazione entriamo in un mondo in cui dall’alba al tramonto, e dalla nascita (ninna nanna) alla morte (lamento funebre) si cantava. Nella vita di tutti i giorni, sempre e dappertutto, non c’erano semplici fredde parole (come scritte), ma complesse e calde voci musicali. Dall’alba al tramonto e dalla nascita alla morte: questo era. E la stessa parola era sempre un po’ un canto. Il frammento 5 lo mostra chiaramente. Non è una voce di venditore, non è una Fronna, non è canto rituale, è una conversazione privata. Una semplice conversazione privata (ho estratto questa in particolare dall’Archivio quasi per caso, ve ne sono migliaia analoghe). Chi parla è una contadina che ho conosciuto nelle mie ricerche sul campo, si chiama Italia Carioni, parla con me a casa sua, a Trentinara, nel Cilento, è il lontanissimo 1974 (un pizzico di nostalgia non per me, ma per queste donne e questi uomini che per decenni mi hanno donato bellezza). Mi sta raccontando di un suo malessere di qualche giorno prima, tutto qui. Ma parla in musica. 
Il disprezzo per il mondo contadino, pastorale, e comunque popolare, disprezzo elaborato dalle classi dominanti che sfruttavano quel mondo, e che noi abbiamo in un certo senso ereditato senza accorgercene, ci impedisce di cogliere la straordinaria creatività e invenzione culturale di una società che comunicava e contemporaneamente dispensava una continua bellezza musicale, mettendo in musica anche la più banale conversazione (l’Opera lirica non ha inventato niente, tutto sommato). 
Il link per Facebook (3'50'') Il link per Youtube (13’4o’’. contenuto: il video presente in Facebook; tre frammenti di voci di venditori (l’ultima con fisarmonica) registrati a Pagani (SA) nel 1974; voce di venditore di Giovanni Coffarelli (Somnma Vesuviana, NA) registrata a Boston nel 1984.
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