L'Archivio.40 - 20 gennaio 2025

Un incontro di zampognari. Interamente dedicato a zampogna e ciaramella, con un breve intervento di organetto e di tammorra.
Attualità della zampogna: è stata la scommessa di questo incontro. Organizzato e animato da Antonio Giordano, instancabile ed entusiasta zampognaro, collezionista e amante della zampogna, e dai frati del convento di Cava dei Tirreni, che per molti anni in passato avevano ospitato una rassegna simile.
Io l’ho seguito per intero. Quel pomeriggio-sera faceva freddo e pioveva a dirotto, scoraggiando il pubblico folto che invece l’anno scorso, per la prima edizione, c’era stato. E forse è stato meglio, perché gli zampognari, non distratti da un pubblico magari distratto, hanno suonato per se stessi e per gli altri come loro. Ne è risultato un incontro di passioni, di energie conservative ma anche di orgoglio zampognaro. Scrivevo anni fa, a proposito di questi suoni, che “la zampogna scompare non perché troppo primitiva, ma perché troppo complessa in un’epoca di semplificazioni. Le tecnologie digitali contemporanee annullano quasi interamente la manualità come risorsa umana, poiché tutto viene delegato a procedute automatizzate. E invece la zampogna obbliga a una coordinazione mano-occhio--orecchio-fiato-percezione oggi estremamente rara”.
Un’osservazione: forse è tempo che gli zampognari non si mascherino più da “zampognari”. Capisco che nella percezione comune oggi gli zampognari sono quelli che una volta – e in parte anche oggi - andavano per case per fare la novena di Natale. Ma conviene agli attuali giovani zampognari venire relegati esclusivamente dentro questo stereotipo? Non è meglio rivendicare una contemporaneità della zampogna, che senza abbandonare la novena natalizia, chiede un’attenzione musicale – ripeto - contemporanea?
(Soddisfo una curiosità che forse prende chi vede il video: la scena del palco era allestita non per le zampogne, ma per uno spettacolo teatrale che si sarebbe tenuto il giorno successivo).
C’è un’altra storia da raccontare su quell’incontro: l’ospitalità francescana. Alla fine di questo lungo video ce n’è ampia traccia, per chi ha la pazienza di arrivare in fondo. Dopo le esibizioni sul palco, i frati hanno fatto accomodare i musicisti e alcuni ospiti in una sala adibita a refettorio (la stessa dove svolgono una mensa aperta ai bisognosi che bussano alle porte del convento) e hanno servito una cena. Poi si è suonato, si è cantato, si è ballato. Le immagini sono eloquenti, perché debba dire altro. Se non sottolineare un punto: la qualità francescana dell’ospitalità che a noi veniva aperta era la stessa che giornalmente è messa a disposizione degli “ultimi”, quelli dimenticati da questo pazzo sistema che ci spinge sempre più giù a dimenticare la nostra umanità comune.