



La lettera.108
Ho sempre pensato che chi studia, chi si sforza di capire il mondo – e in questo se stessi e gli altri – è un privilegiato. E non credo di pensarlo solo io. Chi studia e fa dello studio la sua professione, la sua stessa vita, sa bene che ciò che dico è vero. Che il piacere della conoscenza che lui prova, l’ebrezza quasi, sono “tesori” che anche altri avrebbero potuto avere, se ne avessero avuto le possibilità, le condizioni, la fortuna. Per questo penso che chi si trova in tale stato abbia il dovere di restituire qualcosa agli altri, alla società che gli ha dato questa possibilità. Studiare, scrivere libri, fare lezioni, per un docente è già restituire. Ma nessuna restituzione è sufficiente perché a un certo punto si decida di fermarsi e pensare solo a sé.....
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Oggetti d'affezione
La chiave


Sono nata a Napoli e lavoro come docente di scuola primaria da circa 30 anni. Sono felice, grazie al mio lavoro, di poter trascorrere molto tempo con la parte più bella dell'umanità, quella ancora molto libera dai tanti condizionamenti che spesso cristallizzano noi adulti. Amo la filosofia, la musica, le danze tradizionali, l'arte nella sua poliedrica espressività. Assecondo quella volontà innata, quel "conatus" che mi spinge a migliorarmi ma nel contempo guardo con tenerezza alla limitatezza e alle imperfezioni di noi esseri umani che pur perfettamente si intrecciano e si interconnettono in questa grande trama magica e gestaltica della vita.
… non è questa singola chiave che vedete qui piccola, ma una serie di chiavi che hanno accompagnato alcuni miei vissuti e il mio percorso esistenziale. Tutto ha avuto inizio nel 2009, ero a Bruxelles, mi sono trovata in una delle piazze di cui non ricordo neanche il nome e la mia attenzione fu attratta, colpita da questa piccola chiave che trovai sul selciato. E la raccolsi. Nell’atto di raccogliere questa chiave ho avuto come una sensazione di consolazione, di ottimismo, di fiducia…

L'Archivio.40
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Attualità della zampogna: è stata la scommessa di questo incontro. Organizzato e animato da Antonio Giordano, instancabile ed entusiasta zampognaro, collezionista e amante della zampogna, e dai frati del convento di Cava dei Tirreni, che per molti anni in passato avevano ospitato una rassegna simile.
foto di Antonio Caporaso e Jacopo Naddeo


Raccontami la tua storia.9

Questo è un buon esempio di come la storia di una persona comune non è per niente comune. Nessuna storia di vita è omologabile alle altre, non esiste una “vita comune”, questa espressine nasconde la verità: ogni storia è unica, in quanto ogni vita è unica.
Camilla Roberto racconta le sue tragedie con dignità, il filo della sua narrazione è come un’insegna di dolore che ha deciso di trasformare in valore da condividere per le madri, le tante madri-coraggio, che si trovano ad affrontare abissi di smarrimento, di perdita e persino di morte per i propri figli caduti in una qualche dipendenza, di cui la droga è il caso più emblematico.
"Ho incontrato Camilla, come spesso accade perché ci conosciamo, e l’ho invitata a casa a prendere un caffè. Le ho chiesto se le faceva piacere di raccontarsi in un video a casa mia. Ha accettato con entusiasmo. Raccontarsi per lei è un impegno civile, poiché condividere la sua drammatica e dolorosa esperienza di mamma è un modo per metterla al servizio degli altri”."
Non ero io ad ascoltare e videoregistrare il racconto di Camilla Roberto, era Menita Manzi, che ha raccolto il mio invito a collaborare a questa rubrica - la prima spero di una lunga fila - ed è dunque diventata un'"ascoltatrice" (molto più facile parlare che ascoltare)
Il virgolettato è ciò che mi ha scritto dopo aver ascoltato il racconto della sua amica, facendolo videofilmare egregiamente da suo figlio Carmine Rosamilia.

